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Nell’era digitale, la presenza sui social media è diventata essenziale per molti professionisti, inclusi gli avvocati.
Tuttavia, per i professionisti forensi, l’utilizzo di questi potenti strumenti di marketing deve essere bilanciato con il rispetto della deontologia professionale.
Questo articolo esplorerà come gli avvocati possono sfruttare efficacemente i social media mantenendo l’integrità professionale e rispettando le norme deontologiche.
Il rapporto tra social media e deontologia professionale per gli avvocati è un terreno complesso. Da un lato, i social offrono opportunità senza precedenti per costruire un brand personale, raggiungere potenziali clienti e condividere competenze.
Dall’altro, il codice deontologico forense pone limiti precisi alla pubblicità e alla sollecitazione di clientela.
Il quadro normativo italiano
In Italia, il principale riferimento per la deontologia forense è il Codice Deontologico Forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense.
Questo codice fornisce linee guida chiare su come gli avvocati devono comportarsi, anche nell’ambito della comunicazione e del marketing.
L’articolo 17 del Codice Deontologico Forense stabilisce che:
è consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti
Tuttavia, lo stesso precisa che le informazioni diffuse pubblicamente devono essere:
trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative
Inoltre, l’articolo 35 afferma che “l’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale”.
Questi principi si applicano a tutte le forme di comunicazione, inclusi i social media.
Gli avvocati devono quindi essere particolarmente attenti a come si presentano e interagiscono online.
■ Condivisione di contenuti informativi: concentratevi sulla condivisione di contenuti che informano e educano il pubblico su questioni legali generali.
Ad esempio, potete pubblicare post che spiegano recenti cambiamenti legislativi o che chiariscono concetti legali complessi.
Questo approccio è in linea con il dovere di informazione previsto dal Codice Deontologico.
■ Costruzione del brand professionale: utilizzate i social per mostrare la vostra esperienza e specializzazione, ma evitate dichiarazioni che potrebbero essere interpretate come vanti eccessivi o comparazioni con altri professionisti. Il Consiglio Nazionale Forense ha più volte sottolineato l’importanza di mantenere un tono sobrio e professionale nelle comunicazioni.
■ Networking professionale: piattaforme come LinkedIn offrono eccellenti opportunità per connettersi con altri professionisti del settore legale e potenziali clienti in modo etico.
Ricordate che, secondo l’articolo 37 del Codice Deontologico, è vietata “l’offerta di prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico”. Questo principio si estende anche all’ambiente digitale.
■ Gestione attenta dei commenti e delle interazioni: rispondete ai commenti e alle domande in modo professionale, evitando di fornire consulenze legali specifiche attraverso i social media.
Inoltre, nei commenti o nelle risposte a critiche, è essenziale mantenere un linguaggio appropriato e professionale, evitando discussioni accese o polemiche pubbliche.
Esempi di buone pratiche
■ Uno studio legale specializzato in diritto del lavoro pubblica regolarmente aggiornamenti su LinkedIn riguardanti nuove normative, offrendo valore ai seguaci senza sollecitare direttamente clienti.
■ Un avvocato penalista utilizza Twitter per commentare casi di alto profilo, offrendo analisi generali senza riferimenti a casi specifici in cui è coinvolto.
■ Uno studio legale utilizza Facebook per condividere articoli del proprio blog su temi legali di interesse generale, invitando i lettori a contattare lo studio per approfondimenti, senza fare pressioni commerciali.
Esempi di contenuti che violano il codice deontologico forense
Esempio 1: Promesse di Successo
Post: “Garantiamo il successo nel vostro caso! Affidatevi a noi e vincerete sicuramente.”
Violazione: Questo post viola il principio di veridicità e correttezza dell’articolo 35 del Codice Deontologico Forense (CDF). Promettere il successo in un caso legale è ingannevole e può creare false aspettative nei clienti.
Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha spesso ribadito che gli avvocati non devono fare promesse di successo o garantire risultati specifici. Una sentenza del 2018 ha sanzionato un avvocato per pubblicità ingannevole a causa di promesse di successo su un sito web.
Esempio 2: Pubblicazione di Dettagli Confidenziali
Post: “Abbiamo appena vinto un caso importante contro [Nome Azienda] per conto del nostro cliente [Nome Cliente].”
Violazione: Questo post viola il principio di riservatezza dell’articolo 28 del CDF, che impone agli avvocati di mantenere la riservatezza su informazioni confidenziali riguardanti i loro clienti e casi.
In un caso del 2019, un avvocato è stato sanzionato per aver divulgato informazioni sensibili su un caso in corso sui social media, violando il dovere di riservatezza professionale.
Esempio 3: Pubblicità Comparativa
Post: “Siamo migliori dello Studio Legale Rossi perché abbiamo vinto più casi in tribunale.”
Violazione: Questo post viola il principio di decoro e dignità professionale dell’articolo 37 del CDF. La pubblicità comparativa è vietata perché può risultare denigratoria e non rispettosa verso altri colleghi avvocati.
Il CNF ha stabilito che gli avvocati devono evitare confronti diretti con altri professionisti nelle loro comunicazioni pubblicitarie. In un caso del 2020, un avvocato è stato ammonito per aver pubblicato contenuti comparativi sui social media, giudicati denigratori per la concorrenza.
Esempio 4: Uso di Testimonianze Ingannevoli
Post: “Ecco cosa dice un nostro cliente: ‘Grazie a questo studio, ho ottenuto il massimo risarcimento possibile!’.”
Violazione: Anche se le testimonianze possono essere utilizzate, è fondamentale che siano veritiere e non ingannevoli. Questo post potrebbe violare il principio di veridicità e correttezza dell’articolo 35 del CDF se la testimonianza non è autentica o se è manipolata.
In una decisione del 2021, il CNF ha ribadito che le testimonianze devono essere utilizzate con cautela e non devono in alcun modo ingannare il pubblico. Un avvocato è stato censurato per aver pubblicato testimonianze falsificate sul proprio sito web.
Esempio 5: Sensazionalismo
Post: “Siamo il miglior studio legale della città! Contattateci per qualsiasi problema legale.”
Violazione: Questo post potrebbe violare il principio di decoro e dignità professionale dell’articolo 37 del CDF, perché fa uso di affermazioni sensazionalistiche e non supportate da evidenze oggettive.
Nel 2022, un avvocato è stato richiamato per aver usato superlativi e affermazioni non verificabili nei suoi post sui social media, violando il principio di correttezza e decoro professionale.
Conclusioni
L’integrazione dei social media nella pratica legale è un processo in continua evoluzione.
Mentre le norme deontologiche si adattano gradualmente alle nuove realtà digitali, gli avvocati devono rimanere vigili e proattivi nel garantire che la loro presenza online rimanga professionale ed etica.
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L’importanza di un corretto uso dei social media non può essere sottovalutata. Una presenza digitale ben gestita può attrarre nuovi clienti, rafforzare la reputazione del vostro studio legale e garantire che le vostre comunicazioni siano sempre in linea con i principi della deontologia professionale.